FRAMMENTI DI UNA STORIA
Cap. 3
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Quella mattina il capitano Raydor sapeva di essere impegnata in un’operazione che sarebbe stata complicata, perché con la squadra della Crimini Maggiori avrebbe teso una trappola per verificare l’attendibilità del loro testimone, il sig. Jackson. In macchina, il testimone, avrebbe atteso il suo complice e avrebbe dovuto farlo confessare, questi erano i patti. Sharon era tesa, perché sarebbe bastato un nulla per mandare il piano all’aria. Era tesa perché avrebbe dovuto lavorare con i tenenti Flynn e Provenza e sapeva che l’odiavano. Era tesa, perché era in un furgone piccolo e stretto con il tenente Flynn e il tenente Provenza. Dopo una buona mezz’ora cominciò a fare un gran caldo. Sharon cercò di tenere indosso la giacca, ma arrivò ad un punto in cui non resisteva più. Voleva rimanere professionale, ma non ce la faceva. Così si tolse la giacca e rimase in camicia, notò che gli occhi dei due uomini seguivano i suoi movimenti. C’era un silenzio imbarazzante e le poche parole erano solo in merito al lavoro ed erano stati impeccabili. Ascoltavano dalle cuffie quanto accadeva fuori. Il capo Johnson e gli altri colleghi erano nelle macchine poco distanti da loro. L’attesa divenne lunga e il silenzio sempre più pesante. Si guardavano negli occhi e Sharon notò che spesso il tenente Flynn la squadrava. Si sentiva un poco a disagio, ma voleva evitare polemiche e minare l’appostamento. Anche lei ogni tanto buttava qualche occhiata al tenente Flynn, che nel frattempo si era tolto la giacca. Quella mattina era vestito con un completo scuro, con camicia scura e cravatta dello stesso colore. Spiccavano le bretelle, rosse: molto eleganti. Il profumo dell’acqua di colonia del tenente Flynn era nell’aria: era inebriante. Le ricordò le chiacchiere con Gavin e Andrea in merito all’eleganza del tenente Flynn e i vari commenti piccanti “Fai la brava Sharon.” Si disse e abbozzò un mezzo sorriso.
Cercò di riprendere un contegno e vide che i due uomini la fissavano, forse si chiedevano cosa poteva suscitare ilarità in un appostamento. Comunque non dissero nulla e attesero in silenzio.
Finalmente arrivò il complice del sig. Jackson, che si accomodò in macchina. Li lasciarono parlare, ma non succedeva nulla, erano insieme da più di cinque minuti e parlavano del più e del meno.
Ormai stufa, il capo Johnson uscì e andò verso la macchina, destando la sorpresa di tutti.
«Il piano non era questo o sbaglio?» chiese il tenente Flynn perplesso. Sia il capitano Raydor che il tenente Provenza lo guardarono come per dire che il piano non era quello. Poi ripresero ad ascoltare quanto avveniva nella macchina dei sospettati.
Il capo Johnson aprì la portiera e disse ad alta voce che ringraziava il Sig. Mallet per quanto le aveva detto. Il Sig. Jackson, il loro testimone, cominciò ad agitarsi, a chiedere il perché di quella frase e i due uomini cominciarono a discutere. La discussione divenne un litigio. Dalle parole passarono presto alle mani e il sig. Jackson prese per la gola il Sig. Mallet. La situazione precipitò in un momento. Il capitano Raydor ruppe il silenzio «Dobbiamo agire e in fretta!» uscì dal furgone seguita dai due uomini.
«Provenza dobbiamo fare qualcosa …» suggerì Flynn a bassa voce seguendo il capitano.
«Aspettiamo gli ordini del capo Johnson.» ribadì Provenza.
Si avvicinarono alla macchina, dalla quale provenivano i rumori del litigio dei due uomini. Anche gli altri componenti della squadra erano scesi dalle macchine e si erano avvicinati alla macchina: aspettavano un cenno del capo Johnson per intervenire, che guardava i due uomini. Il capo Johnson attese ancora, era davanti alla macchina e il sig. Mallet rischiava di essere soffocato sotto i loro occhi.
«Capo, dobbiamo intervenire!» disse Sharon con apprensione, la situazione poteva peggiorare da un momento all’altro.
«Ancora un momento, capitano Raydor …ancora un … momento.» disse con calma.
«Capo Johnson, non possiamo rimanere qui a guardare …» insistette Sharon.
«Sì…capitano Raydor … ancora un momento …»
«Capo, mi lasci intervenire!» Disse Flynn mettendosi davanti al capo Johnson e ponendole una scelta rapida. Il capo Johnson fece cenno di sì al tenente Flynn, che subito si diede da fare per dividere i due uomini. Anche Sanchez lo aiutò, portando fuori il Sig. Jackson e ammanettandolo.
«Abbiamo rischiato parecchio capo. Potremo ricevere una denuncia dall’imputato per mancato intervento e …»
«Il sig. Jackson non è stato totalmente sincero con noi.»
«Per questo meritava di morire soffocato dal Sig. Mallet?»
«Siamo intervenuti in tempo capitano Raydor, nessuno si è fatto male. Questi signori si sono macchiati di un crimine grave, saranno accusati di omicidio. E se pensa che mostri pena per loro, si sbaglia. Hanno ucciso due dei nostri, per quanto mi riguarda, non meritano nulla.»
«Se faranno causa al Dipartimento, la cosa la interesserà capitano, mi creda.»
Senza guardare il capitano Raydor, il capo Johnson diede ordine al resto degli uomini di tornare in Centrale e di terminare i rapporti: la questione della veridicità del testimone era risolta.
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Tornati in Centrale c’era tensione alla Crimini Maggiori. Si attivarono tutti per completare i verbali, misero le foto sulla lavagna, Buzz riversò le registrazioni con l’aiuto di Tao. Il capo Johnson diede altre indicazioni e Provenza distribuì il lavoro.
«Capo Johnson posso parlarle nel suo ufficio?» chiese Sharon nel modo più asettico possibile. Sapeva che quella donna era suscettibile, ma doveva chiarire la situazione.
«Dica pure capitano, non ho nulla da nascondere ai miei uomini.» sapeva di cosa voleva parlare quella donna e non era disposta ad ammettere che aveva tirato la corda più del necessario.
«In merito alla veridicità di un testimone, che per quanto possa sembrare inattendibile è pur sempre un testimone, il nostro comportamento deve essere sempre e in ogni caso ineccepibile. Altrimenti il rischio di richieste di risarcimenti contro il Dipartimento potrebbe aumentare. Nessuno vuole denunce o provvedimenti sanzionatori, quindi dobbiamo essere sempre attenti a valutare la sicurezza dei testimoni o dei civili. Capisco capo Johnson che l’emotività in questo preciso caso possa indurre ad essere più morbidi nell’attenzione della sicurezza, ma dobbiamo vigilare e fare di tutto per mettere nelle migliori condizioni chiunque ci venga affidato.»
«Sembra che il capitano Raydor non approvi il nostro operato, ma la cosa non mi sorprende. Vorrei però ricordarle che due dei nostri sono stati vilmente uccisi.» disse il capo Johnson.
«Secondo me, il capitano Raydor ha ragione.»
Tutti gli occhi si voltarono verso il tenente Flynn e le facce erano sorprese, compresa quella del capitano Raydor. Provenza era a bocca aperta, incredulo e per una volta senza parole.
Il capo Johnson era indispettito, fissò Flynn e lo incenerì con gli occhi. Sharon era scioccata da una presa di posizione del genere davanti a tutti e soprattutto davanti al capo Johnson.
«Continui pure tenente Flynn, ha tutta la nostra attenzione.» il capo Johnson voleva vedere fino a dove si sarebbe spinto.
Flynn non si fece intimidire, aveva tutti gli occhi puntati addosso, compresi quelli del capitano. Raccontò le motivazioni che il capitano Raydor aveva espresso davanti alla macchina dei due testimoni e disse che quando aveva portato il sig. Mallet su un’altra macchina, in salvo, l’aveva ringraziato per essere intervenuto e avergli salvato la vita. Inoltre gli confessò di essere uno tossicomane, che meritava di finire in prigione per quello che aveva fatto. Il tenente Flynn concluse dicendo che intervenendo per tempo, avevano salvato la vita del sig. Mallet, riscontrato l’inattendibilità del loro testimone e avevano evitato una causa milionaria al Dipartimento. Silenzio. Flynn fissò il capitano Raydor e fece un cenno con il capo, come per sottolineare che aveva ragione.
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Continua …
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