Mentre procedevo senza fretta per le vie affollate del centro, sentivo l’ansia montarmi nell’animo. I pensieri mi si affastellavano nella mente, dolorosi e inevitabili. Da quanto mancavo da casa? Sette anni, quattro mesi, dodici giorni. Tanto tempo. Troppo. Eppure niente sembrava essere cambiato.92Please respect copyright.PENANAdBoBO7ED1M
Macchie scure e dense imbrattavano strade e marciapiedi. Alberi di oleandro in fiore piantati senza un ordine preciso tentavano di dare colore a uno scenario grigio, dove cemento e mattoni la facevano da padrone. Addossati uno sull’altro, alti palazzoni soffocavano il cielo, riducendolo a un fazzoletto sbiadito che dava l’impressione di sventolare appeso a un’antenna, come una lacera bandiera senza più patria né gloria. Nonne in ciabatte dall’aspetto trasandato entravano e uscivano dai discount, che a partire dagli anni ’90 avevano proliferato come funghi nei boschi in un giorno di sole dopo uno di pioggia. Di tanto in tanto un motorino “truccato” sfrecciava rumoroso, facendo lo slalom tra le macchine bloccate nel traffico dell’ora di punta. Donne affacciate ai balconi parlavano tra di loro, come se si fossero trovate comodamente sedute nel salotto di casa propria davanti ad una tazza di caffè. E qualcuna chiamava a gran voce il figlio, in un tono che non consentiva ritardi. Frotte di giovani ragazze vocianti ridevano fragorosamente tenendosi strette per le braccia, ubriache di sole e d’estate. Diverse, incrociandomi, mi avevano fatto oggetto di attenzioni, cosa della quale non ero abituato. Qualcuna mi aveva perfino sorriso con malizia ed io avevo abbassato il viso, non desideroso di essere riconosciuto. Ma come avrebbero potuto, ragazzine con l’acne sulla fronte e l’apparecchio ai denti, ricordarsi di me?92Please respect copyright.PENANAFsD0oaJikg
Mancavo da casa da troppo tempo ed io, al contrario del mio quartiere, ero cambiato fin troppo. In meglio, in peggio, chi poteva dirlo? Otto anni prima pesavo venti chili di troppo, ero lento, pigro, sciatto, passavo inosservato agli occhi delle ragazze. Mentre quest’altro me, magro, sbarbato, vigile, a quanto sembrava riusciva perfino a fare colpo.92Please respect copyright.PENANApTZ1EitsGI
Non ero cambiato solo nell’aspetto fisico. Gli anni di latitanza mi avevano reso più scaltro, anche se terribilmente schivo.92Please respect copyright.PENANAAaX02iJw1p
Era un bene, o no? Ma anche il ragazzo che ero stato aveva i suoi pregi. Sorrideva di più. Si fidava di più. Amava di più. Cose delle quali ero convinto di non essere più capace.92Please respect copyright.PENANAihGMgMpAe8
Senza rendermene conto, perso dietro alle mie considerazioni, mi ritrovai fermo davanti alla vetrina della pasticceria a due isolati da casa, o quella che era stata la mia casa. Non c’era più nessuna casa dove andare, perché non c’era rimasto più nessuno ad attendermi. Sollevai stancamente lo sguardo sulla mia immagine riflessa nella vetrata del negozio. Avevo gli occhi spenti, vitrei, le guance scavate rese ruvide dalla barba incolta di due giorni.92Please respect copyright.PENANA2VCGGgS3R2
Come avevo potuto ridurmi ad essere il fantasma di me stesso?92Please respect copyright.PENANAB4O1u7UGFe
Alla mia immagine si sovrappose quella di una graziosa commessa che mi fissava con un sorriso cortese sulle labbra. Tentai di restituirle il sorriso, ma gli angoli delle bocca non ne volevano sapere di piegarsi verso l’alto. Poi spostai la mia attenzione sull’uomo che era comparso al fianco della giovane. Enrico, il proprietario del negozio. Anche lui mi stava guardando, e non c’era traccia di sorrisi nel suo volto, nessuna manifestazione d’amicizia nei suoi occhi. Solo ostilità e diffidenza. Allora compresi: lui mi aveva riconosciuto. E quello sguardo glaciale, quello fui in grado di restituirlo.92Please respect copyright.PENANAgj1m7Ywr54
Sistemai lo zaino sulla spalla e proseguii per la mia strada. Il cuore prese a battermi a mille, ora che mi avvicinavo alla meta. Lessi l’insegna sopra la mia testa: officina specializzata Bove&figlio. Inconsapevolmente feci una smorfia di disappunto. Bove e figlio. Zio e cugino. Difficile dire chi dei due odiassi di più. Sospirai pesantemente. Avrei voluto risparmiarmi quello spiacevole incontro, ma avevo bisogno di soldi. E di una macchina. Mi feci coraggio ed entrai. L’odore forte del grasso dei motori mi riempì le narici e mi schizzò dritto al cervello. Me ne riempii i polmoni come se si fosse trattato del profumo di una donna seducente.92Please respect copyright.PENANAyc67RfMl7Y
Da ragazzino avevo amato quell’officina. Avevo amato quel lavoro. Avevo amato mio zio. Quando era successo? Un secolo prima…92Please respect copyright.PENANACy9BcYrrYk
Un ragazzo indaffarato sotto una fiat uno sgangherata fece scivolare il carrello su cui era sdraiato in avanti, e si affacciò a guardarmi. Non lo conoscevo. Un nuovo acquisto, probabilmente. Gli affari dovevano andare a gonfie vele, allo zio. Si riaffacciò prepotente il ricordo doloroso di quando, tanti anni addietro, dopo aver buttato fuori di casa mio padre, il mio amato zio, il fratello di mia madre, pensò bene di licenziarmi. Dovevo imparare a provvedere a me stesso e a mia madre senza contare su di lui, questo, in pratica, era stato il suo messaggio. Fu quello il giorno in cui smisi di amarlo. Fu anche il giorno in cui la mia vita aveva preso la piega che mi aveva condotto fino a lì.92Please respect copyright.PENANAhesDQ741h7
Il giovane continuava a fissarmi con uno sguardo interrogativo. «Hai bisogno?» si decise a chiedere, dal momento che continuavo a tacere. Non dovetti rispondergli. Mio zio comparve sulla scena in quel momento. Si sfregava le mani con uno straccio lurido, con l’unico risultato di renderle ancora più sudice, e aveva la fronte increspata.92Please respect copyright.PENANARkIgqCOnIs
«Fabio?» disse sbigottito, come se avesse visto un fantasma. Strinsi le labbra e i pugni, che nascosi nelle tasche dei jeans logori.92Please respect copyright.PENANAjvb8qHIhCB
«Ciao, zio» risposi senza entusiasmo.92Please respect copyright.PENANAKgtNbZ2TtH
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«Genzio? Che diavolo ci vai a fare a Genzio?» mi chiese mio zio allontanando con la mano il piatto vuoto imbrattato del sugo della pastasciutta. La moglie, l’unica a salvarsi in quel covo di serpi, servì a entrambi un bicchierino di limoncino ghiacciato. Aveva arrotondato i fianchi e messo qualche ruga intorno agli occhi. Non era mai stata bella, eppure da adolescente l’avevo fatta oggetto di fantasticherie più o meno romantiche. Le sorrisi, sorprendendo me stesso per essermi lasciato andare ad una manifestazione d’affetto. Sorriso che si spense appena tornai a guardare mio zio.92Please respect copyright.PENANAl8LBoTFPAU
«E qui che ci dovrei rimanere a fare?» risposi con stizza.92Please respect copyright.PENANAajHCRor7h3
«Va bene, ma perché Genzio? È un paesino sperduto che non viene segnato nemmeno sulle cartine stradali, figurati.»92Please respect copyright.PENANAuDzIYKYEYr
«C’è il mare. La collina. Poca gente. Non chiedo di meglio. Voglio solo godermi questo momento lontano da tutto e da tutti, essere lasciato in pace. Voglio prendermi del tempo per dare una regolata alla mia vita, rimettermi in sesto come si deve…»92Please respect copyright.PENANAac5E54qQsd
Mio zio mi guardò con sospetto, per niente convinto da quella spiegazione. Che poi, in effetti, non aveva spiegato proprio niente.92Please respect copyright.PENANA3urvMHsalF
«Bè, la vita è la tua. E anche i soldi. Sono quelli della liquidazione di tua madre... Non sono molti, ma per un po’ dovrebbero bastare a mantenerti… Qualche mese, per lo meno…»92Please respect copyright.PENANAcIU4ljm2IR
«Non intendo stare via così a lungo» mormorai, assorto nei miei pensieri. Sentire nominare mia madre mi faceva male, sempre.92Please respect copyright.PENANA9UiMFB2gcS
«E dopo?» volle sapere lui.92Please respect copyright.PENANAjtndm6r87k
«Al dopo ci penserò poi.»92Please respect copyright.PENANADRQGBhv63j
Seguì un lungo silenzio carico di riflessioni personali.92Please respect copyright.PENANASh7HIqijEC
«Pensi di andare al cimitero a trovarla?» mi chiese infine. Mi ero aspettato quella domanda. Me l’ero aspettata, eppure ebbe ugualmente su di me l’effetto di uno schiaffo in pieno volto.92Please respect copyright.PENANAUHnoqGNh8I
Erano mesi che mi ponevo lo stesso quesito, e siccome non mi ero ancora dato una risposta, non avevo risposte da dare a lui, perciò non dissi nulla.92Please respect copyright.PENANA1wLEd9zzkn
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Decisi di ripartire subito dopo pranzo, anche se gli zii fecero di tutto per convincermi a trattenermi con loro almeno per quella notte. Tuttavia mi mostrai inflessibile. Avvertivo la necessità impellente di allontanarmi da lì.92Please respect copyright.PENANAtgSi0l3imS
Seguii lo zio in garage e quando vidi la vecchia punto, la macchina che era appartenuta a mia madre, il cuore mi si strinse dolorosamente nel petto. Lo zio mi consegnò le chiavi, riluttante. Me ne accorsi, ma lo ignorai. Sedetti al posto di guida, portai indietro il sedile, aggiustai gli specchietti e misi in moto. Il vecchio motore tossì non poco.92Please respect copyright.PENANA6lB07ICUxY
«Ha il carburatore sporco» mi informò mio zio, come se ce ne fosse stato bisogno. Lo avevo sentito da me. Ci sono alcune cose che, una volta imparate, non si dimenticano più. Come andare in bicicletta. O guidare una macchina. O far gemere di piacere una donna. O riconoscere gli acciacchi di una vecchia carretta come quella al solo rombo del motore.92Please respect copyright.PENANAy4LjEH6DKQ
Lo zio se ne stava lì, in piedi, un braccio sul tettuccio dell’auto e uno sullo sportello aperto, e non si decideva a lasciarmi andare.92Please respect copyright.PENANAq0RbQERR00
«La macchina è intestata a me, non so se mi spiego» disse asciutto ad un certo punto. Sentii l’adrenalina arrivare a livelli di allarme e pulsarmi violentemente nelle tempie. Ecco perché non potevo restare, perché avevo fretta di allontanarmi da lì, da lui.92Please respect copyright.PENANAjBsP3hW6mz
«Ti sei spiegato benissimo. Provvederò il prima possibile a fare il passaggio di proprietà. Nel frattempo tranquillo: mai fatto una rapina con una macchina che non fosse rubata» ironizzai con rancore.92Please respect copyright.PENANAAv2NoDZDXZ
«Non te la prendere. Fa piacere che tu sia di nuovo fra noi, e che in quel posto tu sia stato capace di diplomarti ha dell’incredibile. Ma si fa fatica a perdere certe abitudini…»92Please respect copyright.PENANAZ4sdrrcTHa
«Si fa più fatica a prenderle. Non si nasce delinquenti, ti ci spingono a diventarlo. E credimi, per esperienza ti dico che quando a farlo sono le persone che avrebbero l’obbligo morale di aiutarti, allora è proprio dura da accettare… Non basta una vita a dimenticare, meno che mai a perdonare» sibilai con rancore guardandolo dritto negli occhi, con aria di sfida. Lui fece una smorfia di disappunto, ma non trovò nulla da ribattere.92Please respect copyright.PENANAQHuPf3LnmS
Premetti un po’ sull’acceleratore, per fargli comprendere che ero impaziente di mettermi in viaggio. Chiusi con decisione lo sportello, feci un cenno di saluto col capo e finalmente fui libero di allontanarmi da lì, libero di percorrere nuove strade, di prefiggermi obiettivi, di respirare il cielo a pieni polmoni.92Please respect copyright.PENANA9OV7lv7uT7
Libero… Ma era davvero così?92Please respect copyright.PENANAmlBjSlQoSJ
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L’acqua della doccia mi avvolgeva come un caldo abbraccio. Avevo dimenticato cosa volesse dire lavarsi senza fretta, senza restrizioni di tempo. In carcere mi ero dovuto abituare a farlo in cinque minuti. Cinque minuti per ogni doccia concessa, e le docce concesse erano tre a settimana. Anche d’estate, quando l’afa faceva sudare come porci e puzzare anche di più. Per una pulizia sommaria si doveva fare affidamento al lavandino nella cella, ma quello si faceva a meno di usarlo in modo appropriato. Veniva utilizzato più che altro come orinatoio.92Please respect copyright.PENANArYWYLUsbeh
Sollevai il viso e mi lasciai sferzare dall’acqua, godendo di ogni singola goccia che mi lambiva la pelle. Il ricordo di mia madre si riaffacciò ostinato. Più cercavo di ricacciarlo indietro, più acquistava forza. La rivedevo bloccata al muro, che guardava con terrore il mio pugno sollevato su di lei, pronto a colpirla.92Please respect copyright.PENANAXGEAKPnhcM
Dopo aver lasciato mio zio, all’incrocio di Ostia Antica, avevo trovato il semaforo rosso. Il cuore aveva iniziato a battermi forte. Il cimitero dove era stata seppellita era a poche centinaia di metri. Sarebbe bastato voltare a destra, niente di più facile. Ma quando era tornato il verde, avevo tirato dritto e imboccato la Via del Mare. Avevo alzato lo stereo a palla e avevo cercato di non pensarci.92Please respect copyright.PENANA93hEqjg1xX
E ora che mi trovavo a centinaia di km di distanza da lei, il rimorso non mi dava tregua.92Please respect copyright.PENANAwFf0f6PF2P
Mi tornarono in mente le parole singhiozzate di Geppetto appena tre giorni prima, il giorno del mio rilascio: «L’ho abbandonata e lei ora è lì, tutta sola, nel ventre della balena…»92Please respect copyright.PENANAo1POkuWs76
Questa idea, l’idea di lei tutta sola sepolta nel ventre di un mostro ben peggiore di una balena, uno dal quale non esisteva nessuna possibilità di fare ritorno, non mi dava tregua.92Please respect copyright.PENANAacfsjWGtip
Gemetti di dolore. Era stato molto più conveniente, per me, recitare la parte della vittima, del figlio abbandonato a se stesso. Adesso, invece, nella mia testa, cercava di prendere forma un’altra verità. Lei era stata la vera vittima. Lei, quella ad essere stata ignorata. Lei, quella ad essere stata abbandonata.92Please respect copyright.PENANACCHIRKZ8FB
Il gemito divenne un urlo di rabbia. Colpii le piastrelle davanti a me con il pugno, una, due, diverse volte. Infine mi coprii il viso con le mani e piansi amaramente. Mi lasciai cadere sul pavimento piastrellato della doccia e restai così, seduto, il corpo scosso dai singhiozzi, mentre l’acqua della doccia continuava a scivolarmi addosso ed io ripetevo debolmente, all’infinito: «L’ho abbandonata… l’ho abbandonata…»92Please respect copyright.PENANAhQYO8QaNpJ